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Equo compenso per gli avvocati: ok dal Consiglio dei Ministri

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Luce verde al ddl sull'equo compenso e clausole vessatorie per gli avvocati da parte del Consiglio dei Ministri. Il testo passa ora alle Camere, che al rientro dalla pausa estiva, lo esamineranno per valutarne l’approvazione.

Il disegno di legge, che la Commissione lavoro ha iniziato a esaminare il 5 luglio scorso, punta a tutelare l’equità del compenso per i professionisti iscritti a un Ordine o un Collegio professionale "evitando che una concorrenza potenzialmente distorta possa tradursi nell'offerta di prestazioni professionali al ribasso, con il rischio di un peggioramento della loro qualità".

L’equo compenso è determinabile "nelle convenzioni di cui al comma 1 quando risulta proporzionato alla quantità e alla qualità del lavoro svolto, nonché al contenuto e alle caratteristiche della prestazione legale, tenuto conto dei parametri previsti dal decreto del Ministro della giustizia adottato ai sensi dell'articolo 13, comma 6, della legge 31 dicembre 2012, n. 247".

Il provvedimento prevede inoltre la nullità delle clausole vessatorie inserite nelle convenzioni contrattuali stipulate tra professionisti avvocati e clienti "connotati da particolare forza contrattuale ed economica, individuati in particolare nelle imprese bancarie e assicurative e nelle imprese diverse da quelle piccole e medie". Definendo come vessatorie le clausole che determinano, "anche in ragione della non equità del compenso pattuito, un significativo squilibrio contrattuale a carico dell'avvocato".

«Una legge sull'equo compenso per gli avvocati. Una legge per evitare prestazioni professionali sottopagate. Una legge che riequilibra il rapporto tra grossi committenti e professionisti. E’ questo l’obiettivo del disegno di legge che abbiamo approvato in Consiglio dei ministri e che, spero, possa avere un consenso largo in Parlamento e un binario rapido per essere approvato. Negli ultimi anni, soprattutto tra le giovani generazioni di professionisti, assistiamo a un progressivo impoverimento. Con questa iniziativa vogliamo mettere in campo una prima risposta.» commenta così il favore del Consiglio il Ministro della giustizia AndreaOrlando (nella foto) sui social network.

Anche il presidente del Consiglio Nazionale Forense AndreaMascherin ha accolto l’approvazione del testo intervenendo alla conferenza stampa organizzata dal Ministero della Giustizia appositamente per il ddl sull’equo compenso. A suo avviso si tratta di «un passaggio importante non solo per gli avvocati italiani ma per l'intera cultura del lavoro e dei diritti del lavoro». Questa legge «potrebbe segnare il superamento della cultura imperante in questi anni, dominata dall'idea di un mercato senza regole governato dalla finanza e dalla economia forte, basato sulla concorrenza al ribasso e sull'impoverimento anche delle libere professioni e del ceto medio».

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AirHelp lancia Herman, il primo avvocato robot

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AirHelp, azienda specializzata nei rimborsi sui ritardi aerei, lancia Herman, il primo avvocato guidato da un’intelligenza artificiale creato appositamente per gestire il processo dei reclami in maniera più efficiente e accurata.

Herman è un software sviluppato negli ultimi quattro anni dal team globale di AirHelp, supportato dai migliori ingegneri. Durante lo sviluppo, Herman è stato dotato di conoscenza legale ed esperienze prese da migliaia di procedimenti giudiziari di 30 giurisdizioni diverse.

L’utilizzo di questa tecnologia legale, si legge in una nota, può accorciare le tempistiche di processo di un reclamo del 1200% e può ridurre in maniera significativa i costi del servizio legale, rendendolo più accessibile per chi, altrimenti, avrebbe rinunciato a intraprendere un’azione legale.

Herman opera all’interno dell’app AirHelp, che permette ai viaggiatori di controllare se hanno diritto a ottenere un rimborso direttamente dal gate di imbarco (grazie al nuovo Boarding Pass Scanner), dando loro la possibilità di fare il reclamo immediatamente. Per usare questa nuova funzionalità, ai passeggeri basta semplicemente scannerizzare il codice a barre sulla propria carta d’imbarco utilizzando la fotocamera dello smartphone. La app offre anche una sezione in cui poter consultare i diritti dei viaggiatori in caso di volo posticipato, cancellato o in overbooking.

 

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Orrick c'è

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Il 2016? Non esita a definirlo un «anno record». A parlare è Patrizio Messina (nella foto), managing partner per l’Italia e managing director degli uffici europei di Orrick che MAG ha incontrato assieme ad Alessandro De Nicola, senior partner e membro del board internazionale della law firm, per fare il punto sulla crescita dell’organizzazione nel Paese e le prossime mosse.

In effetti, quello alle spalle è stato un esercizio che ha registrato una crescita dei ricavi di quasi il 30% e che ha visto il fatturato della sede italiana dello studio americano superare per la prima volta la soglia dei 30 milioni. A questo punto Orrick si candida a essere il diretto concorrente di quelle poche insegne internazionali che, negli anni, sono riuscite ad assumere una rilevanza istituzionale in Italia, diventando un competitor temibile anche per i top player domestici.

Lo studio punta sull’Italia, investe in nuovi soci e lateral hire, ma crede anche che la Penisola possa fungere da hub per la copertura di alcuni mercati emergenti e strategici. Un anno fa, Messina, parlando proprio con il nostro giornale, aveva assicurato che Orrick in Italia sarebbe cresciuto ancora (si veda il numero 60 di MAG). Di fatto, non solo lo studio ha mantenuto il suo posizionamento nel mercato del debito e nell’energy, ma è riuscito anche a imporsi sul versante corporate m&a in cui, dall’inizio di quest’anno, conta già all’attivo 14 deal annunciati per un valore complessivo di circa 668 milioni di euro.

Per Orrick, il 2016, è stato un anno di grande crescita...
Patrizio Messina (PM):
Il 2016 è stato per le sedi italiane di Orrick l’anno del record con una crescita rispetto a quello precedente di circa il 30%.

Cosa ha spinto il vostro giro d'affari?
PM: I fattori sono stati molteplici. Da una parte la buona ripartenza dell’economia che ha spinto un maggiore afflusso di investimenti in Italia permettendo un’accelerata a quelle operazioni che da qualche tempo erano ferme ai blocchi di partenza. Dall’altra negli ultimi due anni si sono uniti a noi cinque nuovi partner competenti in differenti practice che hanno contribuito visibilmente a incrementare l’offerta legale che il nostro studio propone sul mercato.

Poi?
PM: In ultimo, ma non meno rilevante, siamo stati chiamati come interlocutori privilegiati dalle principali istituzioni finanziare italiane ed europee nell’affiancamento in operazioni sofisticate che abbiamo studiato e strutturato insieme.

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Dla Piper e clienti a rischio, quella analisi che vale 37,6 milioni

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Dla Piper applica l’analitica predittiva per migliorare la redditività e ridurre la perdita potenziale di clienti. Lo studio ha unito le forze con Axiom per realizzare un modello di analisi predittivo che gli consente di rilevare, tra gli assistiti, i comportamenti che possono segnalare la propensione a rivolgersi ad altri consulenti.

Il progetto avviato dalla law firm internazionale è stato discusso in occasione della Italcom Conference, durante l’intervento “Harnessing Predictive Analytics to Drive Client Growth and Retention”.

Il team marketing sta già utilizzando i dati che riesce a raccogliere come campanello d’allarme, per individuare quali sono i clienti più vulnerabili e agire prima che sia troppo tardi. Questo gli ha consentito un risparmio di 37,6 milioni di dollari.

Tra gli elementi che secondo lo studio consentono di rilevare le intenzioni dei clienti: la diminuzione dei componenti dei team che seguono il caso e il conseguente aumento del tempo impiegato sullo stesso degli altri membri della squadra; l’inclusione di un nuovo professionista che segue le relazioni o che è specializzato per settore e la creazione di un'iniziativa marketing personalizzata per ogni cliente.

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Avvocati Robot, Portolano Cavallo fa posto a Luminance

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La prima volta di un "robot" in uno studio italiano ha un nome, una data e un luogo. Il nome è Luminance. La data è settembre 2017. Il luogo sono le stanze dello studio Portolano Cavallo.

La boutique specializzata nel settore digital e nel life science, secondo quanto legalcommunity.itè in grado di riferire, ha aperto le porte alla piattaforma di intelligenza artificiale in grado di analizzare documenti, classificare clausole e gestire in maniera centralizzata le attività due diligence legale.

Luminance è una tecnologia sviluppata dai matematici dell’Università di Cambridge che a meno di un anno dal lancio ha già ricevuto il premio di ‘Best Artificial Intelligence Product in Legal’ ai CogX AI and Innovation Awards a Londra.

Prima di Portolano Cavallo, hanno scelto questo strumento anche gli studi Slaughter and May, nel Regno Unito e Cravath Swaine & Moore negli Usa.

Luminance permetterà alla squadra di Portolano Cavallo di dedicare le proprie risorse agli aspetti più delicati delle operazioni di M&A riducendo il tempo speso dai professionisti su attività a basso valore aggiunto. Luminance ordina, raggruppa e classifica in breve tempo migliaia di documenti identificando clausole, lingua dei documento, parti, valute e mercati rilevanti; il tutto presentando l’elaborato in un’interfaccia di visualizzazione estremamente intuitiva che permette a professionisti e clienti di consultare un numero elevato di documenti in maniera organizzata ed efficiente.
Inoltre, la capacità unica di Luminance di individuare le anomalie in documenti creati a partire da uno stesso standard assicura che anche le minime differenze tra i contratti siano segnalate ai professionisti già nelle fasi iniziali dei processi di review.

«Luminance offre soluzioni che, se correttamente usate, possono migliorare la revisione legale di documenti da parte dei professionisti nonché facilitare la gestione di attività particolarmente complesse per numero di documenti, di giurisdizioni e di professionisti coinvolti. Nel contesto delle operazioni di M&A Luminance permetterà ai nostri clienti ed ai professionisti di concentrarsi sulle attività a maggior valore aggiunto», spiega Yan Pecoraro (nella foto), socio di Portolano Cavallo. «L’intelligenza artificiale a supporto dell’intelligenza umana è uno strumento che ci permetterà di gestire in maniera più efficace tutte le operazioni di M&A in particolare quelle più complesse». Allo stesso tempo, però, lo studio dedicherà delle risorse per “insegnare” al sistema a identificare i concetti del linguaggio legale italiano, un’integrazione che sarà poi disponibile a tutti gli utilizzatori di Luminance. «Il nostro contributo alla formazione di Luminance in lingua italiana», prosegue Pecoraro, «ci permetterà di acquisire una migliore conoscenza della piattaforma Luminance nonché dello strumento intelligenza artificiale. Riteniamo che soluzioni di intelligenza artificiale potrebbero essere adottate anche in altre aree di attività dello studio».

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Knowles diventa chairman di Dwf

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Chi conosce un po' la storia del mercato legale italiano degli ultimi anni non può ignorare chi sia Nigel Knowles (nella foto) e che ruolo abbia avuto nelle dinamiche del mercato dei servizi legali del Paese.

L'avvocato, a lungo alla guida di Dla Piper (in particolare negli anni in la law firm conquistava la leadership nella Penisola) aveva lasciato lo studio a giugno 2016, dopo una carriera di quasi 40 anni.

Chi, però, pensava si fosse ritirato dovrà ricredersi. Come riportato oggi dal sito del settimanale The Lawyer, infatti, l'avvocato è entrato in Dwf dove avrà il ruolo di chairman.

Secondo quanto si apprende, Knowles lavorerà al fianco del managing partner dello studio, Andrew Leaitherland, che nell'ultimo anno ha messo in cantiere numerose aperture all'estero: America Latina, Singapore, Berlino e Parigi. 

Magari ci sbagliamo, ma il pensiero ci sta: chissà se nel suo nuovo ruolo, Knowles non suggerisca al suo socio di valutare una puntatina nello Stivale... 

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La Scala, ricavi in crescita del 14% nel semestre

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Nel primo semebre 2017 La Scala ha registrato un incremento dei ricavi del 14% rispetto al dato registrato nello stesso periodo dell'anno precedente. Gli utili sono invece aumentati del 10%.

Lo studio ha recentemente varato, assistioto da Kpmg Advisory, il piano strategico per il triennio 2018-2020 che punta al raddoppio dei ricavi entro la fine del 2020.

Gli obiettivi saranno raggiunti sviluppando ulteriormente l’attività core dello studio nel settore npl, proseguendo gli investimenti nel settore imprese e privati e gestendo in modo innovativo ed efficiente il servizio al cliente.

E’ prevista anche una crescita dimensionale rilevante legata alla valorizzazione dei talenti e all’inserimento di nuove risorse, oltre che una nuova struttura di governance e di presidio dell’organizzazione dello studio.

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Da Calamandrei all'Avvocato, così è nato il mito di Grande Stevens

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Più di sessant’anni di professione alle spalle. E una passione radicale per il diritto che lo ha portato a essere avvocato a 28 anni, cassazionista a 30, leader di una delle più note boutique legali del Paese nonché presidente della Cassa Forense nel 1979 e del Consiglio nazionale forense, dal 1984 al 1991.

Parliamo di Franzo Grande Stevens (nella foto), ovviamente. L’avvocato dell’Avvocato. Ma soprattutto uno dei pionieri della business law italiana e grande consigliere del potere economico nazionale. MAG lo ha incontrato nel suo studio, a Torino, una mattina dello scorso mese di luglio.

Ottantanove anni compiuti lo scorso 13 settembre. Grande Stevens frequenta assiduamente lo studio in via del Carmine. «Tutti i giorni», dice l’avvocato mentre sorseggia una tazza di te. «Solitamente arrivo alle 7.30. Oggi, prima di lei, ho incontrato un importante banchiere italiano. Dovevamo parlare di governance. Un tema che mi ha sempre appassionato. Sa, fui io a strutturare l’accomandita della famiglia Agnelli, nel 1987».

La storia dell’avvocato Grande Stevens è legata a doppio filo a quella di Fiat e della dinastia Agnelli. La sua vicinanza all’avvocato e storico capo azienda del Lingotto, Gianni Agnelli, gli è valsa il soprannome con cui tanti lo conoscono. Ma si tratta comunque di un capitolo che comincia nella seconda stagione della sua vicenda professionale. La prima, invece, è legata a Napoli. La città dove ha studiato e si è laureato, mentre lavorava nel pastificio di suo nonno («mio padre è morto quand’ero un ragazzo e io dovevo prendermi cura di mia madre»). La città dove, dopo aver discusso la tesi in diritto commerciale con il professor Alessandro Graziani, ha mosso i primi passi d’avvocato nello studio di Francesco Barra Caracciolo.

A occuparsi di diritto commerciale, all’epoca, erano davvero in pochi. L’avvocatura era una professione legata anzitutto all’attività giudiziale e se, ancora oggi, è vero che la stragrande maggioranza delle toghe italiane concepisce il proprio ruolo e la propria funzione soltanto nel processo, è facile immaginare quale potesse essere lo scenario allora.

Grande Stevens si trasferisce a Torino nel 1953. Ma tutto nasce per caso, da un mancato incontro...

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Spac sotto la lente: quanto valgono e chi ci lavora

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Luglio e agosto 2017 si ricorderanno come mesi caldissimi non solo sul fronte climatico ma anche su quello delle quotazioni. Ciò in particolare grazie alle spac, le special purpose acquisiton company ossia veicoli che si quotano e attraverso una business combination con un’azienda non quotata la portano in Borsa.

Nel giro di un mese, sul segmento Aim di Borsa Italiana, sono infatti sbarcate almeno quattro spac mentre tre aziende si sono quotate - o hanno annunciato l’intenzione di farlo - attraverso la business combination: PharmaNutra, combinata con Ipo Challenger 1, Acquafil, dall’integrazione con Space 3, e Sit, con Industrial Stars of Italy 2. Si tratta di una chiusura di metà anno indicativa del successo delle spac e delle iniziative simili. Dall’introduzione nel 2011 a oggi, sono 17 le spac che si sono quotate a Piazza Affari segnando una raccolta complessiva pari a circa 1,6 miliardi di euro.

Cifre alle quali vanno aggiunte le due pre-booking company (simili alle spac ma non quotate) Ipo Challenger e Ipo Challenger 1 che insieme hanno emesso azioni per oltre 70 milioni. In pipeline, poi, ci sono almeno altre tre spac tra le quali Spactiv, promossa da Maurizio Borletti, storico proprietario dei magazzini La Rinascente, affiancato dal manager di fiducia Paolo De Spirt e il professionista Gabriele Bavaglioli (ex Idea Capital), con Ubi e Mediobanca come consulenti e un obiettivo di raccolta tra 80 e 100 milioni di euro. Ma anche Industrial Stars Of Italy 3, il terzo veicolo di Attilio Arietti Giovanni Cavallini, e una spac lanciata da Intesa Sanpaolo e Dea Capital. In totale si tratterebbe di 22 veicoli in sei anni più un fondo ad hoc, Ipo Club. E tra l’interesse degli investitori, la spinta dei pir e i nuovi progetti innovativi, per il futuro quello delle special purpose acquisition company potrebbe essere uno dei canali privilegiati per portare le medie aziende in Borsa...

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Una nuova insegna sul mercato: nasce L&T's

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Arriva sul mercato legale milanese una nuova insegna: L&T's - Legal & Tax advisors network. Si tratta di un network che prende vita dall’idea degli avvocati ValeriaAffer, FrancescoArcari (nella foto) e NicolaBuquicchio di creare una rete di professionisti in grado di proporre un'assistenza multidisciplinare integrata negli ambiti del diritto civile, penale, commerciale e tributario.

L&T's - Legal & Tax advisors network conta a oggi sulle competenze di sette avvocati e una commercialista.

Valeria Affer, che in passato ha lavorato con Trevisan & Cuonzo a Milano e Gide Loyrette Nouel a Parigi, si occuperà di diritto commerciale e della proprietà intellettuale, sia negli aspetti giudiziali che in quelli della contrattualistica.

Francesco Arcari, esperto di diritto societario e fallimentare, anche in ambito giudiziale, e di operazioni straordinarie, ha lavorato per Schlesinger-Anelli e Giovanardi.

Nicola Buquicchio seguirà la parte antitrust, bancaria e trasporti. Ambiti di competenza che l'avvocato ha maturato a seguito di una esperienza internazionale a Bruxelles e Londra, fra l’altro presso gli studi Van Bael & Bellis e Allen&Overy.

A completare la squadra di avvocati sono il penalista GuidoChiarloni, proveniente da Iannaccone e Associati, esperto in particolare di white collar crime, e VincenzoDiFranco, che vanta una consolidata esperienza in materia bancaria e di diritto delle assicurazioni e della responsabilità sanitaria.

A seguire gli aspetti tributari e fiscali sarà Nadia De Lucia, con una specializzazione nella fiscalità internazionale e in quella degli enti no profit.

 

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General counsel: per Quaini una scommessa chiamata Alitalia

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«Ho avuto la fortuna di partecipare al risanamento di Parmalat, che è stato il secondo crac al mondo per dimensioni, da lì ho sviluppato sensibilità e interesse verso le missioni complicate. Mi piace misurarmi con le sfide. Il risanamento di Parmalat è stata una storia di successo, spero possa essere lo stesso per Alitalia». Così Paolo Quaini (nella foto) spiega a MAG la sua scelta di entrare nella squadra guidata dai commissari Luigi Gubitosi, Enrico Laghi e Stefano Paleari che sta lavorando a una soluzione per salvare la società.

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Acerbis (Tls Pwc): «Lo studio 4.0? È consapevole del cambiamento»

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Prosegue il viaggio di MAG per capire, assieme ad alcuni market leader, cosa significa per uno studio professionale affrontare la sfide del mercato 4.0. Dopo il primo colloquio con il co-managing partner di BonelliErede, Stefano Simontacchi (si veda il numero 87 di MAG), abbiamo affrontato il tema con Fabrizio Acerbis (nella foto), managing partner di Tls Pwc. Il ragionamento sulla necessità di lavorare a una forma evoluta di studio legale parte da una preliminare considerazione di fondo, in un mercato come quello italiano, crescere dimensionalmente non è facile. E forse questo è il primo motivo che dovrebbe spingere un’organizzazione a rivedere il proprio assetto e puntare alla modernizzazione in chiave 4.0.

Dottor Acerbis, secondo lei esiste un limite alla crescita per uno studio?
In linea teorica ritengo non ci siano limiti, e l'esperienza estera ci conferma che, se limite ci può essere, questo va ben oltre l'attuale dimensione degli studi italiani più grandi. Prendendo l’esempio più clamoroso, in UK le principali realtà professionali nel mondo legale e tributario fatturano oltre il miliardo di sterline.

Ma non crede che dopo un certo limite dimensionale si diventi altro rispetto a uno studio professionale?
Penso sia concreto il rischio che crescendo dimensionalmente risulti più difficile mantenere i caratteri distintivi dello studio professionale come è conosciuto nell’esperienza italiana; penso tuttavia, salva la inevitabile maggiore complessità organizzativa, che i maggiori studi, intendo quelli che superano i 100 milioni di onorari annui, hanno probabilmente qualcosa in comune con Studi esteri di dimensione analoga alla loro ma mantengono certamente molto di più in comune con gli studi italiani, anche di dimensioni inferiori.

Ovvero?
La mia percezione è che anche i primi studi italiani siano molto meno diversi di quanto comunemente si pensi, rispetto agli studi più piccoli, almeno per quanto attiene a come si approccia una pratica e a come ci si relaziona con il cliente.

Pensa che convenga veramente avere la crescita fra i propri parametri obiettivo?
Non penso che la crescita dimensionale debba rappresentare un obiettivo assoluto, oggi, per effetto della digitalizzazione attesa, ancor meno di prima. Seppure l’esperienza storica all’estero dica che gli studi più grandi nel loro territorio di riferimento godono di un premio di marginalità, sarei molto cauto nell’affermare che questo sia sempre vero dovunque e soprattutto che sarà sempre vero in futuro.

Chi compra servizi legali ha imparato a chiedere “valore aggiunto”. Dove e come si crea, a suo parere?
Penso sia abbastanza diffusa una tendenza a sovrastimare le capacità dei professionisti di creare sempre e comunque valore per i propri clienti.

Allora cosa fa la differenza?
Innanzitutto, per creare valore serve avere la capacità di comprendere correttamente il contesto esterno e interno in cui nasce il bisogno del cliente, come presupposto di fondo per proporre soluzioni appropriate (sembra paradossale, ma ormai non è raro assistere a riunioni con più consulenti in cui è chiaro che al tavolo c’è qualcuno che parla non avendo un’idea sufficiente del problema, figuriamoci della soluzione).

Poi?
In secondo luogo, per creare valore serve un apporto di esperienza, individuale e collettiva (cioè dello studio). Senza di essa, acquisita in modo profondo e attraverso la casistica direttamente affrontata, è raro si possano proporre soluzioni adeguate e nei limiti del possibile innovative.

Ritiene che questo secondo profilo (esperienza e casistica) possa essere impattato dalla digitalizzazione?

È possibile ma non penso che si modificheranno i paradigmi tradizionali dell'esperienza chiave di singoli professionisti e dei loro team, che è qualcosa che va oltre il puro accesso alle informazioni rilevanti, e si risolve nell’uso “evoluto” di informazioni, rispetto al passato quantitativamente più rilevanti e disponibili con maggiore tempestività.

Prezzi: Come va gestita questa leva?
Innanzitutto va gestita, il che è già molto: per una fascia sempre più ampia di studi la capacità di sviluppare una strategia sul livello degli onorari è molto bassa.

Quindi?
Il cuore di questo tema saranno sempre più il posizionamento percepito dal mercato e la capacità di instaurare una relazione sana con il cliente, basata su un confronto sistematico e di qualità su cosa ci viene chiesto (scope of work) e sull’obiettivo da raggiungere. Un giudizio sul prezzo (e un confronto fra prezzi) che non abbia alla base una riflessione di qualità sullo scope of work offerto, ritengo abbia veramente poco senso. Eppure accade.

L’internazionalizzazione è un passo obbligato?
Se ci riferiamo alla necessità di avere una rete internazionale, penso non si tratti di un passo obbligato. Certo, la possibilità di coprire con la propria presenza diretta o attraverso il proprio network alcuni Paesi (o nel nostro caso, pressoché tutti i Paesi) è un vantaggio. Per quanto riguarda le competenze, invece, non vi è alcun dubbio che la contaminazione crescente fra giurisdizioni e banalmente la maggiore mobilità di imprese e di famiglie impongano un processo evolutivo anche per gli Studi prettamente domestici.

Nel processo di crescita ed evoluzione di uno studio emerge sempre di più l’esigenza di trovare nuove aree di business. Secondo lei vanno cercate entro i confini della professione legale o anche al di fuori (servizi, financial advisory ecc)?
I servizi della sfera giuridico-economica saranno in futuro sempre più spesso offerti in modo integrato. Vediamo grande valore nel portare a bordo competenze quantitative e tecnologiche ma mantenendo fermo il baricentro sui contenuti tradizionali della nostra professione. Sono negativo circa la possibilità, per le professioni giuridico-economiche, di spingersi nella vocazione a combinare servizi estranei a quelli direttamente o indirettamente collegabili alla interpretazione di norme di legge (come la financial advisory). Vedo un elevato rischio di perdita di credibilità, oltre che la difficoltà a mantenere una strategia ragionevole di pricing.

Tecnologia e intelligenza artificiale: minaccia o opportunità?...

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Verdicchio (Pirelli) è il general counsel dell'anno

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L'incoronazione durante la serata degli Inhousecommunity Awards 2017. MAG lo ha intervistato​

 

Faccia a faccia con Nicola Verdicchio (nella foto) sul nuovo numero di MAG. Il chief legal officer del gruppo Pirelli ha seguito passo dopo passo le grandi trasformazioni che hanno interesato la società negli ultimi due anni. Prima il commiato da piazza Affari, poi la separazione dell’area business Industrial (truck, bus, agro e otr) da quella Consumer (vettura e moto), poi l’avvio dell’integrazione dell’Industrial con l’operatore asiatico Aeolus (controllata di ChemChina) e infine il ritorno in Borsa.

Un percorso delicato, condotto alla guida di un team legale di primo livello che il manager spiega in questa intervista.

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Messina, il signore della finanza italiana

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di laura morelli

Sono manager, banchieri e investitori che agiscono nelle operazioni e modificano gli equilibri del mercato italiano. Coloro che lavorano in trincea vestendo di volta in volta i panni del consulente, del finanziatore o del protagonista dell’operazione. Financecommunity.it ha deciso di raccontare quali sono stati i 50 professionisti che, dal suo osservatorio, si sono distinti nel panorama finanziario nazionale nell’ultimo anno, descrivendone i percorsi, i risultati e le curiosità.

1 CARLO MESSINA
Il banchiere
55 anni

I dossier.È stato in prima fila in tutte le principali partite degli ultimi 18 mesi, sia come advisor, ad esempio nella battaglia per Rcs al fianco di Urbano Cairo, sia come protagonista, nel tentativo, poi abbandonato, di conquista di Generali. Con Intesa si è fatto anche cavaliere bianco di Banca Popolare di Vicenza e Veneto Banca, acquistate per 1 euro. A fine anno scorso, poi, ha conquistato un vero gioiellino: Banca dei Tabaccai.
Il percorso. Romano, è consigliere delegato e chief executive officer di Intesa Sanpaolo da settembre 2013. La sua carriera inizia nel 1987 in Bnl ma la scalata ai vertici prende il via nel 1995, quando approda nell’Ambroveneto guidato da Giovanni Bazoli, suo grande sostenitore, per poi proseguire con passaggi in gruppi quali Cariplo, Comit e infine Imi-Sanpaolo.
Segni particolari. Di lui dicono essere un vero tecnico: l’ex premier Matteo Renzi l’aveva definito il miglior banchiere italiano. In passato è stato anche docente di Economia degli Intermediari Finanziari nell’Mba della Luiss e di Finanza Aziendale all’Università di Ancona. Il primo giugno 2017 è stato nominato Cavaliere del Lavoro dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella.

2 JEAN PIERRE MUSTIER
Il comandante
56 anni

Attualità. Amministratore delegato di Unicredit da luglio 2016. Banker a tutto tondo, ha esperienze nel private debt nel fondo Tikehau Capital e nel corporate e investment banking nella stessa banca di Piazza Gae Aulenti. Appena arrivato ha cambiato quasi tutti i manager e ora ha sfidato la vecchia guardia annunciando di voler anticipare a quest’anno il rinnovo del consiglio di amministrazione previsto per il 2018. 
Tredici miliardi. Il suo compito era mettere in sicurezza la banca ed è quello che ha fatto. In 60 giorni ha fatto una volta e mezza il giro del mondo per incontrare 750 investitori in 26 diverse città e alla fine è riuscito a portare a casa un aumento di capitale da 13 miliardi, il più grande della storia di Piazza Affari. Ha anche venduto 17,7 miliardi di crediti deteriorati e una serie di partecipazioni in controllate.
Segni particolari. Ex militare, è appassionato di rugby e caccia. È un uomo da tutti descritto come pragmatico e risoluto. Ogni tanto ama bere Champagne Rosé Billecart Salmon in compagnia di Louise Tingstrom, la sua comunicatrice di fiducia, con la quale ha stabilito che per un po’, solo lui e il direttore generale Gianni Franco Papa potranno rilasciare dichiarazioni o interviste.

3 ALESSANDRO PROFUMO
Il politico
60 anni

Attualità. Nato a Genova ma cresciuto a Palermo, è stato amministratore delegato di Unicredit fin dalla nascita della banca nel 1998 e presidente di Monte dei Paschi al 2012 al 2015. Grazie alle sue forti relazioni soprattutto politiche e nonostante alcune vicissitudini, Profumo è ancora oggi una delle personalità più richieste del panorama finanziario, al punto che il Tesoro l’ha voluto alla guida di una società in tutt’altro settore, la vecchia Finmeccanica, oggi Leonardo.
In Equita. Oltre alla nomina in Leonardo, nell’ultimo anno e mezzo si è distinto per aver portato la sua Equita sim, di cui era presidente e socio, tra le società di consulenza attive nei deal che contano, come ad esempio la scalata su Rcs a opera di Urbano Cairo, che ha seguito in prima persona.
Segni particolari.È noto per il suo carattere “poco accomodante”, come ha ammesso lui stesso in un’intervista. È anche tifoso interista dai tempi in cui al club nerazzurro c’era Herrera, nonché frequentatore di feste e cocktails dei più noti studi legali.

4  GAETANO MICCICHÈ
Il regista
67 anni

Attualità. Da marzo 2016 è presidente di Banca Imi, il braccio corporate finance di Intesa Sanpaolo. Fa parte del gruppo dal 2002 quando ancora si chiamava Banca Intesa. Da almeno tre anni i rumors lo indicano in pole per un ruolo di rilievo in Cassa Depositi e Prestiti.
Strategico. Nella tornata di cambi di poltrona dello scorso anno lo avevano dato per spacciato, invece è riuscito a imporsi come figura chiave. Non c’è dossier che non passi da lui: è stato il regista al fianco di Cairo, con cui si frequenta spesso, nella scalata a Rcs, il mediatore, lato Mediaset, nel contenzioso con Vivendi e l’advisor del dossier Alitalia.
Segni particolari. I suoi punti di forza sono la conoscenza dei mercati finanziari e delle dinamiche bancarie, l’esperienza nel mondo imprenditoriale e un nutrito network di relazioni. Il Pd lo voleva reclutare per candidarsi come presidente della Regione Sicilia, ma la politica, ha detto, non gli interessa.

5  FABRIZIO VIOLA  
Il risolutore
59 anni    

Attualità. È l’uomo delle banche in difficoltà. Nel 2012 in molti, fra cui il numero uno della fondazione Cariplo Giuseppe Guzzetti, l’hanno voluto in Mps nell’era post Mussari. C’è rimasto per quattro anni e mezzo fino a settembre 2016, uscendo a testa alta. In precedenza è stato anche ai vertici di Banca Popolare di Milano, tra il 1995 e il 2008.
Sulle venete. «La mia prossima avventura professionale? Certo non un’altra banca da ristrutturare», aveva detto dopo l’uscita da Mps. Non è stato così, perché a dicembre dell’anno scorso è stato chiamato a gestire l’altrettanto complicato dossier di Banca Popolare di Vicenza e Veneto Banca. Dopo il passaggio a Intesa, Viola oggi è commissario liquidatore per le due banche e gestisce gli asset da 1,5 miliardi di euro confluiti nella bad bank.
Segni particolari. Le prime linee che hanno lavorato con lui lo definiscono molto attento anche agli aspetti umani oltre a quelli professionali. Tifoso milanista, quando era in Bpm ha anche gestito il patrimonio personale del giocatore rossonero Kakà.  

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Portolano Cavallo, non solo robot: la strategia di crescita dello studio

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Il robot c’è ma non si vede. Si chiama Luminance ed è il sistema di intelligenza artificiale (AI) che lo studio Portolano Cavallo ha deciso di adottare per l’analisi di documenti, la classificazione delle clausole e, più in generale, la gestione centralizzata delle attività due diligence legali.
Luminance non si vede perché è un software. Una piattaforma intelligente che non occupa spazio se non all’interno di un server. Portolano Cavallo non è il primo studio ad aver deciso di utilizzare questo sistema. In precedenza hanno deciso di sperimentarlo anche gli americani di Cravath Swaine & Moore e gli inglesi di Slaughter and May. Questi ultimi, ad aprile 2017, hanno anche rilevato il 5% della società con un investimento stimato in circa un milione di dollari.

Portolano Cavallo, invece, è il primo studio italiano (per quanto sia dato sapere fino a oggi) ad avere adottato un sistema di AI.

La boutique (36 avvocati e un fatturato che nel 2016, secondo le stime di legalcommunity.it si è attestato a 7 milioni di euro) ha anche assunto l’impegno di insegnare l’italiano a Luminance. Il software, infatti, è madrelingua inglese ma a differenza di altri prodotti in circolazione ha la capacità di apprendere anche nel nostro idioma.

L’adozione di Luminance rappresenta il più recente di una serie di investimenti che lo studio ha realizzato nel corso del 2017. Prima c’è stata la nuova sede a Milano, in piazza Borromeo. E in queste ore è previsto l’annuncio di due nuovi ingressi che MAG ha rivelato in anteprima: si tratta di Martina Lucenti, proveniente da BonelliErede e di Clemente Perrone Da Zara, ex Cbm. Entrambi arrivano a rafforzare l’area del contenzioso civile e arbitrale dello studio. Lucenti, prima di entrare in BonelliErede (dove ha trascorso quasi 12 anni fino a diventare senior counsel) ha lavorato in De Berti Jacchia Franchini Forlani. Perrone Da Zara, che entra come of counsel, prima di lavorare in Cbm è stato special advisor di Impregilo e deputy general counsel di Parmalat tra il 2004 e il 2006.

La propensione agli investimenti non rappresenta una tendenza saltuaria per lo studio fondato da Francesco Portolano (nella foto) e Manuela Cavallo. «Ogni anno», spiega a MAG Portolano, «reinvestiamo una parte dei nostri ricavi nell’attuazione di un progetto di crescita che non punta semplicemente all’incremento dei numeri (fatturato o persone) ma guarda alla piena realizzazione delle nostre potenzialità come professionisti e come squadra». L’approccio di Portolano e colleghi è decisamente einaudiano.

La scelta di investire su Luminance com’è nata?
Noi siamo uno studio che ambisce a essere leader nel settore delle tecnologie. Per noi, quindi, seguire tutte le novità è imprescindibile. Appena abbiamo sentito parlare di intelligenza artificiale ci siamo interrogati su quali fossero i temi giuridici legati a essa anche perché sicuramente qualche cliente ci avrebbe potuto chiedere di assisterlo in merito.

E così vi siete avvicinati al mondo degli algoritmi per legali…
In sintesi è così. Poi c’è un altro tema. La curiosità è nel nostro Dna di studio. E noi siamo professionisti consapevoli del fatto che, oggi più di prima, è necessario cambiare, cercare soluzioni nuove, agire in maniera diversa per competere e distinguersi.

Tra i vari prodotti in circolazione perché avete scelto Luminance?
Abbiamo analizzato vari prodotti. Luminance è l’unico però che al momento ha la capacità di apprendere in italiano.

Funziona?
Prima di procedere lo abbiamo testato. Abbiamo fatto una due diligence di prova, su un caso fittizio ma che abbiamo gestito come se fosse vera. Aveva la stessa priorità di altri progetti che avevamo in corso in quel momento. C’erano verifiche periodiche e scadenze.

All’estero sono stati i grandi studi ad avvicinarsi a questa avanguardia e in Italia una boutique. Si è dato una spiegazione?...

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Legance apre una nuova sede a New York

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Legance apre una nuova sede a New York.  L’ufficio americano sarà guidato dal partner Piero Venturini (nella foto) che avrà la responsabilità di seguire e sviluppare il progetto. 

L’indirizzo della nuova sede di New York sarà 780 Third Avenue in piena midtown, vicino alle sedi di alcuni primari studi legali americani. Piero Venturini si avvarrà della collaborazione di professionisti italiani che hanno già maturato una consolidata esperienza sul mercato americano. Il team si occuperà principalmente di corporate finance ma non mancherà di assistere i propri clienti anche su altre materie di diritto italiano con la collaborazione e il supporto di tutto lo studio. 

Venturini, socio dal 2007 si occupa di operazioni di fusioni, acquisizioni, dismissioni, joint venture e diritto societario in genere. Assiste società italiane e straniere, fondi di private equity in operazioni in diversi settori. Dopo la laurea in legge presso l’Università “La Sapienza” di Roma, nel 1996 ha frequentato la Academy of American and International Law, International and Comparative Law Centre of the Southwestern Legal Foundation di Dallas, Texas. Ha lavorato a New York dal 1996 al 1997. 

“Questo progetto - spiega Filippo Troisi, senior partner dello studio - si inserisce nella strategia di internazionalizzazione perseguita dallo studio, già con l’apertura della sede di Londra avvenuta nel 2013. Il nostro obiettivo è di continuare a garantire ai nostri clienti una consulenza sempre più completa sui mercati transfrontalieri e di supportarli nelle attività cross-border”. 

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Gitti and Partners vara il comitato esecutivo

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L’assemblea di Gitti and Partners ha deliberato all’unanimità, all’interno di un più ampio progetto di istituzionalizzazione dello studio, la nomina di un comitato esecutivo composto dal managing partner GregorioGitti e dai soci StefanoRoncoroni e VincenzoGiannantonio.

Ciascuno dei soci aggiungerà alla consueta attività professionale i compiti gestionali attribuiti loro dall’assemblea.

L’istituzione del comitato esecutivo, si legge in una nota, è volta a una sempre maggiore condivisione di responsabilità, anche in considerazione delle crescenti energie da dedicare agli aspetti gestionali dello studio per continuare ad assicurare la capacità di affrontare con successo e forte coesione interna le sfide competitive del mercato.

«Durante l’assemblea abbiamo fatto il punto sulla nostra, sia pur recente storia – commenta Gregorio Gitti – e siamo estremamente soddisfatti dei risultati raggiunti e realmente convinti di poter continuare a crescere e a migliorare l’importante posizione che ci viene riconosciuta nel panorama degli studi legali in Italia. Ci stiamo espandendo all’estero con l’apertura dell’ufficio di Londra, guidato dal socio Norman Pepe, e il nostro principale obiettivo rimane sempre la soddisfazione dei nostri clienti. Abbiamo raggiunto tutti gli obiettivi che ci siamo posti circa tre anni fa e ne abbiamo fissati altri ambiziosi che porteranno lo studio a rafforzarsi e a consolidarsi ulteriormente grazie soprattutto alle eccellenti capacità professionali e alle doti personali delle nostre colleghe e dei nostri colleghi».

Oggi Gitti and Partners conta circa 60 professionisti ma ambisce a crescere ulteriormente sulla base di un percorso di istituzionalizzazione in linea con le best practice del settore legale internazionale.

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VIDEO: Avvocati d'Affari, le immagini della presentazione

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«Sono stati 10 anni in cui la professione ha dovuto ripensare se stessa in più occasioni». Da questa considerazione parte il libro 2006-2016 Avvocati d'Affari: segreti storie protagonisti, scritto da Nicola Di Molfetta, con la prefazione di Ferruccio de Bortoli, che svolge una analisi dettagliata di quelli che sono stati i più rilevanti cambiamenti che hanno interessato questo particolare settore della professione forense.

Quindici capitoli, trecento pagine, oltre 750 nomi. Sono i numeri di un'opera che rappresenta una testimonianza indispensabile per comprendere le dinamiche che stanno guidando l'avvocatura d'affari contemporanea.

A presentare 2006-2016 Avvocati d'Affari: segreti storie protagonisti assieme all'autore lo scorso 20 novembre al Mondadori Megastore di Piazza Duomo a Milano, c'erano Stefano Simontacchi, co-managing partner di BonelliErede, Filippo Troisi, co-fondatore di Legance, Federico Sutti, managing partner di Dentons e Giuseppe De Palma, managing partner di Clifford Chance.

Per acquistare la vostra copia di 2006-2016 Avvocati d'Affari: segreti storie protagonistipotete cliccare qui e andare direttamente al nostro carrello, oppure recarvi in una delle librerie Mondadori qui (clicca) indicate

 

 

 

 

 

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VIDEO Gattai: «I nostri prossimi 5 anni»

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Finite le celebrazioni per il primo quinquennio di attività dello studio Gattai Minoli Agostinelli, il fondatore e managing partner, Bruno Gattai (nella foto, mentre introduce la cantante Malika Ayane durante la serata all'Unicredit Pavillon per festeggiare i 5 anni di attività), racconta in esclusiva a MAG su quali direttrici si muoverà la strategia futura dello studio.

 

Nell'intervista pubblicata sul numero di MAG appena pubblicato, inoltre, Gattai rivela: con il nuovo anno,  parte una business unit dedicata alle due diligence.

Per sapere di cosa si tratta e leggere tutta l'intervista, le schede e i grafici,CLICCA QUI E SCARICA GRATIS LA TUA COPIA DI MAG.

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Dopo l'Africa, BonelliErede apre anche a Dubai

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BonelliErede prosegue nella sua campagna di espansione internazionale. E come anticipato dal libro 2006-2016 Avvocati d'Affari: segreti storie protagonisti (clicca qui) annuncia l'apertura di un nuovo ufficio all'estero. 

Dopo l’Africa, tocca al Medio Oriente. In particolare agli Emirati Arabi Uniti.

Lo studio guidato dai co-managing partner Stefano Simontacchi e Marcello Giustiniani ha aperto una sede a Dubai. «Si tratta di un’ulteriore milestone nella nostra strategia di espansione globale», dichiarano i professionisti al timone del primo studio italiano dal 2012. «Dopo l’ingresso in Egitto e in Etiopia (si veda il numero 67 di MAG) riteniamo che il Medio Oriente rappresenti una naturale evoluzione della nostra presenza internazionale e un approdo sinergico per i nostri clienti con interessi nelle due aree», aggiungono i co-managing partner.

L’ufficio emiratino di BonelliErede si trova nel distretto finanziario Difc, la free zone di Dubai. A guidare la nuova sede è il partner Andrea Carta Mantiglia (già responsabile della sede di Londra dal 2012 al 2016), che si dividerà tra la practice italiana e il coordinamento della nuova sede di Dubai. Con lui i local partner Marco De Leo e John Shehata e il senior associate Roberto Flammia, tutti componenti dell’Africa team dello studio.

L’interazione tra Africa e Medio Oriente sul fronte business è molto elevata. Molte grandi realtà hanno trasferito a Dubai (in diversi casi dal Sud Africa) il proprio quartier generale per operare nella zona. Il caso più recente è quello di Deutsche Bank. Ma si potrebbero ricordare anche Unilever, Toyota, Novartis, Diakin o Nokia che hanno impiantato a Dubai il loro centro operativo per le due aree.

I co-managing partrner dello studio, infine, sottolineano che la base emiratina dello studio punta anche a intercettare «gli interessi locali e internazionali che transitano per questo hub e che sono rivolti all’Italia e all’Europa».

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